IL GIUBILEO DELLA
MISERICORDIA
MISERICORDAE VULTUS
|
Notiziario
periodico di
Tele Maria /
22-2015
Ancona,
Domenica 12
aprile 2015
Domenica della
Divina
Misericordia
LETTERA
INFORMATIVA a
cura del Prof.
Giorgio Nicolini
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(Fil.4,8)
LA VOCE CATTOLICA
Sito di Spiritualità
varia, con tematiche
di attualità e
trattazioni
teologiche inerenti
la Fede, la Morale,
la Spiritualità e
l'Apologetica
Cattolica,
per aiutare ad una
formazione cristiana
e spirituale degli
utenti, con
particolare
attenzione verso i
giovani e la loro
ricerca della
verità.
|
GESU' DI
NAZARETH E' DIO, IL
FIGLIO DI DIO
INCARNATO
Concepito per opera
dello Spirito Santo
nel grembo di Maria
Vergine, nella Santa
Casa di Nazareth
intorno al 25 marzo
dell'anno 748 di
Roma (6-5 a.C.).
Nato ebreo a
Betlemme, intorno al
25 dicembre
dell'anno 748 di
Roma (6-5 a.C.), al
tempo del re Erode e
dell'imperatore
Cesare Augusto.
Morto crocifisso a
Gerusalemme il
venerdì 7 aprile
dell'anno 30, sotto
il procuratore
Ponzio Pilato,
essendo imperatore
Tiberio.
RISORTO GLORIOSO DAI
MORTI IL 9 APRILE
DELL'ANNO 30
|
DALLA SANTA
CASA DI NAZARETH A
LORETO
LA NUOVA
EVANGELIZZAZIONE
WWW.LAVOCECATTOLICA.IT/SANTACASA.HTM
La Chiesa, nel suo
progetto educativo,
deve ritornare a
parlare di Gesù,
scendere dai pulpiti
e ritornare nelle
strade dove vivono i
delusi ed i
repressi,
in modo che la
gente, come diceva
Paolo VI, riconosca
nella Chiesa il
volto di una
madre-amica”
(Card. Edoardo
Menichelli, Vescovo
di Ancona)
|
ALLA FINE IL MIO
CUORE IMMACOLATO
TRIONFERA'
UN PROGETTO DIVINO
DI SALVEZZA CHE
ATTRAVERSA I SECOLI
GERUSALEMME-ROMA-NAZARETH-TERSATTO-LORETO-Lourdes-Fatima-ANCONA-MEDJUGORJE
|
Se si ama Maria si
ama la purezza, la
dolcezza, la
dedizione. L'Amore
fa uno: chi ama
Maria si fa Maria.
Maria fornì a Gesù
il sangue per il
sacrificio, il corpo
per l'Eucarestia,
l'umanità per la
redenzione.
|
REGINA COELI
DI DOMENICA 12
APRILE 2015
Al Regina Caeli di
domenica 12 aprile
2015, seconda
domenica di Pasqua,
Papa Francesco ha
ricordato “siamo
invitati a
contemplare nelle
piaghe del Risorto
la Divina
Misericordia, che
supera ogni umano
limite e risplende
nell’oscurità del
male e del peccato”: Un
tempo intenso e
prolungato per
accogliere le
immense ricchezze
dell’amore
misericordioso di
Dio sarà il prossimo
Giubileo
Straordinario della
Misericordia, la cui
Bolla di indizione
ho promulgato ieri
sera qui, nella
Basilica di San
Pietro. Quella Bolla
incomincia con le
parole
“Misericordiae
Vultus”: il
Volto della
Misericordia è Gesù
Cristo. Teniamo lo
sguardo rivolto a
Lui, che Lui sempre
ci cerca, ci
aspetta, ci perdona.
Tanto
misericordioso, non
si spaventa delle
nostre miserie.
Nelle sue piaghe ci
guarisce e perdona
tutti i nostri
peccati. E la
Vergine Madre ci
aiuti ad essere
misericordiosi con
gli altri come Gesù
lo è con noi.
|
L'ACQUISTO DELLE
INDULGENZE
IL GIUBILEO DELLA
DIVINA MISERICORDIA
CHE SI APRIRA' L'8
DICEMBRE 2015
PERMETTERA' DI
ACQUISIRE UNA
INDULGENZA PLENARIA
MA SENZA ATTENDERE
L'AVVIO DEL GIUBILEO
ANCHE IN OGNI GIORNO
I CRISTIANI
POSSONO ACQUISIRE
UNA INDULGENZA
PLENARIA
NELLE MODALITA'
SOTTO RIPORTATE
COS’E’
L’INDULGENZA
L’indulgenza
è la remissione
dinanzi a Dio della
pena temporale per i
peccati, già rimessi
quanto alla colpa,
che il fedele,
debitamente disposto
e a determinate
condizioni, acquista
per intervento della
Chiesa, la quale,
come ministra della
Redenzione,
autoritativamente
dispensa ed applica
il tesoro delle
soddisfazioni di
Cristo e dei Santi.
L’indulgenza è
PARZIALE o PLENARIA
secondo che libera
in parte o in tutto
dalla pena temporale
dovuta per i
peccati.
COME SI OTTIENE
UN'INDULGENZA
Come prima
cosa deve esserci il
totale distacco dal
peccato, anche
quello veniale; se
manca questa
fondamentale
condizione di
distacco totale dal
peccato e del
sincero pentimento,
l’indulgenza non
sarà plenaria, bensì
parziale. In secondo
luogo è necessario
confessarsi (se non
si è in Grazia di
Dio), fare la Santa
Comunione, pregare
secondo le
intenzioni del Papa
e compiere l’atto a
cui la Chiesa
annette
l’indulgenza, come
per esempio, in
questi giorni, la
visita ai Cimiteri.
PRINCIPI DOTTRINALI
(Paolo VI: Cost.
Apost.
“Indulgentiarum
Doctrinam”,
1.1.1967)
PAOLO VI
Chi compie con
diligenza e fervore
gli atti
indulgenziati, tanto
da riempirne la
giornata,
giustamente
meriterà, oltre un
copioso aumento di
grazia, una maggiore
remissione di pena,
e potrà anche,
animato dalla
carità, aiutare più
abbondantemente le
anime del
Purgatorio.
I.D., n.1:
La dottrina e l’uso
delle indulgenze, da
molti secoli, in
vigore nella Chiesa
Cattolica, hanno un
solido fondamento
nella Divina
Rivelazione… E’
necessario, però,
che siano ricordate
alcune verità, che
tutta la Chiesa,
illuminata dalla
Parola di Dio, ha
sempre creduto come
tali…
I.D., n.2:
E’ dottrina
divinamente rivelata
che i peccati
comportino pene
inflitte dalla
santità e giustizia
di Dio, da scontarsi
sia in questa terra,
con i dolori, le
miserie e le
calamità di questa
vita e soprattutto
con la morte, sia
nell’al di là anche
con il fuoco e i
tormenti o con le
pene purificatrici.
(…) Le quali pene
sono imposte secondo
giustizia e
misericordia da Dio
per la purificazione
delle anime, per la
difesa della santità
dell’ordine morale e
per ristabilire la
gloria di Dio nella
sua piena maestà.
Ogni peccato,
infatti, causa una
perturbazione
nell’ordine
universale, (…), e
la distruzione di
beni immensi sia nei
confronti dello
stesso peccatore che
nei confronti della
comunità umana. (…).
Il peccato, poi, è
apparso sempre alla
coscienza di ogni
cristiano non
soltanto come
trasgressione della
Legge Divina, ma
anche, sebbene non
sempre in maniera
diretta ed aperta,
come disprezzo e
disconoscenza
dell’amicizia
personale tra Dio e
l’uomo. Così come è
pure apparso vera ed
inestimabile offesa
di Dio, anzi ingrata
ripulsa dell’amore
di Dio offerto agli
uomini in Cristo,
che ha chiamato
amici e non servi i
suoi discepoli.
I.D., n.3:
E’ necessario,
allora, per la piena
remissione e
riparazione dei
peccati non solo che
l’amicizia di Dio
venga ristabilita
con una sincera
conversione della
mente e che sia
riparata l’offesa
arrecata alla sua
sapienza e bontà, ma
anche che tutti i
beni sia personali
che sociali o dello
stesso ordine
universale,
diminuiti o
distrutti dal
peccato, siano
pienamente
reintegrati o con la
volontaria
riparazione che non
sarà senza pena o
con l’accettazione
delle pene stabilite
dalla giusta e
santissima sapienza
di Dio…
Inoltre l’esistenza
e la gravità delle
pene fanno
comprendere
l’insipienza e la
malizia del peccato
e le sue cattive
conseguenze.
Che possano restare
e che di fatto
frequentemente
rimangano pene da
scontare o resti di
peccati da
purificare anche
dopo la remissione
della colpa, lo
dimostra molto
chiaramente la
dottrina del
Purgatorio: in esso,
infatti, le anime
dei defunti che
“siano passate
all’altra vita nella
carità di Dio
veramente pentite,
prima che avessero
soddisfatto con
degni frutti di
penitenza per le
colpe commesse e per
le omissioni,
vengano purgate dopo
morte con pene
purificatrici…
Inoltre tutti gli
uomini peregrinanti
sulla terra
commettono ogni
giorno almeno
qualche peccato
leggero; per cui
tutti hanno bisogno
della misericordia
di Dio per essere
liberati dalle pene
conseguenti il
peccato.
I.D., n.4:
Regna tra gli
uomini, per arcano
mistero della divina
volontà, una
solidarietà
soprannaturale, per
cui il peccato di
uno nuoce anche agli
altri, così come la
santità di uno
apporta beneficio
anche agli altri…
I.D. n.5:
I fedeli cristiani
sempre si sono
sforzati di aiutarsi
vicendevolmente (…),
mediante la
preghiera, lo
scambio di beni
spirituali e la
espiazione
penitenziale (…),
persuasi di poter
aiutare i loro
fratelli presso Dio,
Padre delle
misericordie, a
conseguire la
propria salvezza. E’
questo
l’antichissimo dogma
della comunione dei
santi…
Alcune INDULGENZE
PLENARIE che possono
acquistarsi
facilmente ogni
giorno:
- al fedele che
rimane in adorazione
del SS.mo Sacramento
almeno per mezz’ora;
- al fedele che
protrae, almeno per
mezz’ora, la lettura
della Sacra
Scrittura con la
venerazione dovuta
alla Parola di Dio e
a modo di lettura
spirituale;
- al fedele che
recita il Rosario
Mariano in Chiesa o
pubblico oratorio,
oppure in famiglia,
in una Comunità
religiosa, in una
pia Associazione.
Alcune INDULGENZE
PARZIALI che possono
acquistarsi
facilmente ogni
giorno:
- al fedele che, nel
compiere i suoi
doveri e nel
sopportare le
avversità della
vita, innalza con
umile fiducia
l’anima a Dio e
recita, anche solo
mentalmente, una pia
invocazione;
- al fedele che, con
spirito di fede e
con animo
misericordioso, pone
se stesso o i suoi
beni a servizio dei
fratelli posti in
necessità;
- al fedele che, in
spirito di
penitenza, si priva
spontaneamente e con
suo sacrificio di
qualche cosa lecita.
|
MISERICORDIAE VULTUS
Papa Francesco ha
consegnato la Bolla
di indizione
dell'Anno Santo
Inizierà l'8
dicembre e il motto
sarà:
"Misericordiosi come
il Padre"
Si celebrerà a Roma,
ma una Porta Santa
sarà aperta nelle
diocesi e nei
santuari di tutto il
mondo
FRANCESCO
VESCOVO DI ROMA
SERVO DEI SERVI
DI DIO
A QUANTI
LEGGERANNO QUESTA
LETTERA
GRAZIA,
MISERICORDIA E
PACE
San Giovanni Paolo
II così motivava
l’urgenza di
annunciare e
testimoniare la
misericordia nel
mondo contemporaneo:
«Essa è dettata
dall’amore verso
l’uomo, verso tutto
ciò che è umano e
che, secondo
l’intuizione di gran
parte dei
contemporanei, è
minacciato da un
pericolo immenso. Il
mistero di Cristo …
mi obbliga a
proclamare la
misericordia quale
amore misericordioso
di Dio, rivelato
nello stesso mistero
di Cristo. Esso mi
obbliga anche a
richiamarmi a tale
misericordia e ad
implorarla in questa
difficile, critica
fase della storia
della Chiesa e del
mondo».
Tale suo
insegnamento è più
che mai attuale e
merita di essere
ripreso in questo
Anno Santo.
1. Gesù Cristo è il
volto della
misericordia del
Padre. Il mistero
della fede cristiana
sembra trovare in
questa parola la sua
sintesi. Essa è
divenuta viva,
visibile e ha
raggiunto il suo
culmine in Gesù di
Nazareth. Il Padre,
« ricco di
misericordia » (Ef
2,4), dopo aver
rivelato il suo nome
a Mosè come « Dio
misericordioso e
pietoso, lento
all’ira e ricco di
amore e di fedeltà »
(Es 34,6), non ha
cessato di far
conoscere in vari
modi e in tanti
momenti della storia
la sua natura
divina. Nella
« pienezza del
tempo » (Gal 4,4),
quando tutto era
disposto secondo il
suo piano di
salvezza, Egli mandò
suo Figlio nato
dalla Vergine Maria
per rivelare a noi
in modo definitivo
il suo amore. Chi
vede Lui vede il
Padre (cfr Gv 14,9).
Gesù di Nazareth con
la sua parola, con i
suoi gesti e con
tutta la sua
persona[1] rivela la
misericordia di Dio.
2. Abbiamo sempre
bisogno di
contemplare il
mistero della
misericordia. È
fonte di gioia, di
serenità e di pace.
È condizione della
nostra salvezza.
Misericordia: è la
parola che rivela il
mistero della SS.
Trinità.
Misericordia: è
l’atto ultimo e
supremo con il quale
Dio ci viene
incontro.
Misericordia: è la
legge fondamentale
che abita nel cuore
di ogni persona
quando guarda con
occhi sinceri il
fratello che
incontra nel cammino
della vita.
Misericordia: è la
via che unisce Dio e
l’uomo, perché apre
il cuore alla
speranza di essere
amati per sempre
nonostante il limite
del nostro peccato.
3. Ci sono momenti
nei quali in modo
ancora più forte
siamo chiamati a
tenere fisso lo
sguardo sulla
misericordia per
diventare noi stessi
segno efficace
dell’agire del
Padre. È per questo
che ho indetto un
Giubileo
Straordinario della
Misericordia come
tempo favorevole per
la Chiesa, perché
renda più forte ed
efficace la
testimonianza dei
credenti.
L’Anno Santo
si aprirà l’8
dicembre 2015,
solennità
dell’Immacolata
Concezione.
Questa festa
liturgica indica il
modo dell’agire di
Dio fin dai primordi
della nostra storia.
Dopo il peccato di
Adamo ed Eva, Dio
non ha voluto
lasciare l’umanità
sola e in balia del
male. Per questo ha
pensato e voluto
Maria santa e
immacolata
nell’amore (cfr Ef
1,4), perché
diventasse la Madre
del Redentore
dell’uomo. Dinanzi
alla gravità del
peccato, Dio
risponde con la
pienezza del
perdono. La
misericordia sarà
sempre più grande di
ogni peccato, e
nessuno può porre un
limite all’amore di
Dio che perdona.
Nella festa
dell’Immacolata
Concezione avrò la
gioia di aprire la
Porta Santa. Sarà in
questa occasione una
Porta della
Misericordia, dove
chiunque entrerà
potrà sperimentare
l’amore di Dio che
consola, che perdona
e dona speranza.
La domenica
successiva, la Terza
di Avvento, si
aprirà la Porta
Santa nella
Cattedrale di Roma,
la Basilica di San
Giovanni in
Laterano.
Successivamente, si
aprirà la Porta
Santa nelle altre
Basiliche Papali.
Nella stessa
domenica stabilisco
che in ogni Chiesa
particolare, nella
Cattedrale che è la
Chiesa Madre per
tutti i fedeli,
oppure nella
Concattedrale o in
una chiesa di
speciale
significato, si apra
per tutto l’Anno
Santo una uguale
Porta della
Misericordia. A
scelta
dell’Ordinario, essa
potrà essere aperta
anche nei Santuari,
mete di tanti
pellegrini, che in
questi luoghi sacri
spesso sono toccati
nel cuore dalla
grazia e trovano la
via della
conversione. Ogni
Chiesa particolare,
quindi, sarà
direttamente
coinvolta a vivere
questo Anno Santo
come un momento
straordinario di
grazia e di
rinnovamento
spirituale. Il
Giubileo, pertanto,
sarà celebrato a
Roma così come nelle
Chiese particolari
quale segno visibile
della comunione di
tutta la Chiesa.
4. Ho scelto la data
dell’8 dicembre
perché è carica di
significato per la
storia recente della
Chiesa. Aprirò
infatti la Porta
Santa nel
cinquantesimo
anniversario della
conclusione del
Concilio Ecumenico
Vaticano II. La
Chiesa sente il
bisogno di mantenere
vivo quell’evento.
Per lei iniziava un
nuovo percorso della
sua storia. I Padri
radunati nel
Concilio avevano
percepito forte,
come un vero soffio
dello Spirito,
l’esigenza di
parlare di Dio agli
uomini del loro
tempo in un modo più
comprensibile.
Abbattute le
muraglie che per
troppo tempo avevano
rinchiuso la Chiesa
in una cittadella
privilegiata, era
giunto il tempo di
annunciare il
Vangelo in modo
nuovo. Una nuova
tappa
dell’evangelizzazione
di sempre. Un nuovo
impegno per tutti i
cristiani per
testimoniare con più
entusiasmo e
convinzione la loro
fede. La Chiesa
sentiva la
responsabilità di
essere nel mondo il
segno vivo
dell’amore del
Padre.
Tornano alla mente
le parole cariche di
significato che san
Giovanni XXIII
pronunciò
all’apertura del
Concilio per
indicare il sentiero
da seguire: « Ora la
Sposa di Cristo
preferisce usare la
medicina della
misericordia invece
di imbracciare le
armi del rigore … La
Chiesa Cattolica,
mentre con questo
Concilio Ecumenico
innalza la fiaccola
della verità
cattolica, vuole
mostrarsi madre
amorevolissima di
tutti, benigna,
paziente, mossa da
misericordia e da
bontà verso i figli
da lei
separati ».[2] Sullo
stesso orizzonte, si
poneva anche il
beato Paolo VI, che
si esprimeva così a
conclusione del
Concilio: « Vogliamo
piuttosto notare
come la religione
del nostro Concilio
sia stata
principalmente la
carità … L’antica
storia del
Samaritano è stata
il paradigma della
spiritualità del
Concilio … Una
corrente di affetto
e di ammirazione si
è riversata dal
Concilio sul mondo
umano moderno.
Riprovati gli
errori, sì; perché
ciò esige la carità,
non meno che la
verità; ma per le
persone solo
richiamo, rispetto
ed amore. Invece di
deprimenti diagnosi,
incoraggianti
rimedi; invece di
funesti presagi,
messaggi di fiducia
sono partiti dal
Concilio verso il
mondo contemporaneo:
i suoi valori sono
stati non solo
rispettati, ma
onorati, i suoi
sforzi sostenuti, le
sue aspirazioni
purificate e
benedette … Un’altra
cosa dovremo
rilevare: tutta
questa ricchezza
dottrinale è rivolta
in un’unica
direzione: servire
l’uomo. L’uomo,
diciamo, in ogni sua
condizione, in ogni
sua infermità, in
ogni sua
necessità ».[3]
Con questi
sentimenti di
gratitudine per
quanto la Chiesa ha
ricevuto e di
responsabilità per
il compito che ci
attende,
attraverseremo la
Porta Santa con
piena fiducia di
essere accompagnati
dalla forza del
Signore Risorto che
continua a sostenere
il nostro
pellegrinaggio. Lo
Spirito Santo che
conduce i passi dei
credenti per
cooperare all’opera
di salvezza operata
da Cristo, sia guida
e sostegno del
Popolo di Dio per
aiutarlo a
contemplare il volto
della
misericordia.[4]
5. L’Anno giubilare
si concluderà nella
solennità liturgica
di Gesù Cristo
Signore
dell’universo, il 20
novembre 2016. In
quel giorno,
chiudendo la Porta
Santa avremo
anzitutto sentimenti
di gratitudine e di
ringraziamento verso
la SS. Trinità per
averci concesso
questo tempo
straordinario di
grazia. Affideremo
la vita della
Chiesa, l’umanità
intera e il cosmo
immenso alla
Signoria di Cristo,
perché effonda la
sua misericordia
come la rugiada del
mattino per una
feconda storia da
costruire con
l’impegno di tutti
nel prossimo futuro.
Come desidero che
gli anni a venire
siano intrisi di
misericordia per
andare incontro ad
ogni persona
portando la bontà e
la tenerezza di Dio!
A tutti, credenti e
lontani, possa
giungere il balsamo
della misericordia
come segno del Regno
di Dio già presente
in mezzo a noi.
6. « È proprio di
Dio usare
misericordia e
specialmente in
questo si manifesta
la sua
onnipotenza ».[5] Le
parole di san
Tommaso d’Aquino
mostrano quanto la
misericordia divina
non sia affatto un
segno di debolezza,
ma piuttosto la
qualità
dell’onnipotenza di
Dio. È per questo
che la liturgia, in
una delle collette
più antiche, fa
pregare dicendo: « O
Dio che riveli la
tua onnipotenza
soprattutto con la
misericordia e il
perdono ».[6] Dio
sarà per sempre
nella storia
dell’umanità come
Colui che è
presente, vicino,
provvidente, santo e
misericordioso.
“Paziente e
misericordioso” è il
binomio che ricorre
spesso nell’Antico
Testamento per
descrivere la natura
di Dio. Il suo
essere
misericordioso trova
riscontro concreto
in tante azioni
della storia della
salvezza dove la sua
bontà prevale sulla
punizione e la
distruzione. I
Salmi, in modo
particolare, fanno
emergere questa
grandezza dell’agire
divino: « Egli
perdona tutte le tue
colpe, guarisce
tutte le tue
infermità, salva
dalla fossa la tua
vita, ti circonda di
bontà e
misericordia »
(103,3-4). In modo
ancora più
esplicito, un altro
Salmo attesta i
segni concreti della
misericordia: « Il
Signore libera i
prigionieri, il
Signore ridona la
vista ai ciechi, il
Signore rialza chi è
caduto, il Signore
ama i giusti, il
Signore protegge i
forestieri, egli
sostiene l’orfano e
la vedova, ma
sconvolge le vie dei
malvagi » (146,7-9).
E da ultimo, ecco
altre espressioni
del Salmista: « [Il
Signore] risana i
cuori affranti e
fascia le loro
ferite. … Il Signore
sostiene i poveri,
ma abbassa fino a
terra i malvagi »
(147,3.6). Insomma,
la misericordia di
Dio non è un’idea
astratta, ma una
realtà concreta con
cui Egli rivela il
suo amore come
quello di un padre e
di una madre che si
commuovono fino dal
profondo delle
viscere per il
proprio figlio. È
veramente il caso di
dire che è un amore
“viscerale”.
Proviene dall’intimo
come un sentimento
profondo, naturale,
fatto di tenerezza e
di compassione, di
indulgenza e di
perdono.
7. “Eterna è la sua
misericordia”: è il
ritornello che viene
riportato ad ogni
versetto del Salmo
136 mentre si narra
la storia della
rivelazione di Dio.
In forza della
misericordia, tutte
le vicende
dell’antico
testamento sono
cariche di un
profondo valore
salvifico. La
misericordia rende
la storia di Dio con
Israele una storia
di salvezza.
Ripetere
continuamente:
“Eterna è la sua
misericordia”, come
fa il Salmo, sembra
voler spezzare il
cerchio dello spazio
e del tempo per
inserire tutto nel
mistero eterno
dell’amore. È come
se si volesse dire
che non solo nella
storia, ma per
l’eternità l’uomo
sarà sempre sotto lo
sguardo
misericordioso del
Padre. Non è un caso
che il popolo di
Israele abbia voluto
inserire questo
Salmo, il “Grande
hallel” come viene
chiamato, nelle
feste liturgiche più
importanti.
Prima della Passione
Gesù ha pregato con
questo Salmo della
misericordia. Lo
attesta
l’evangelista Matteo
quando dice che
« dopo aver cantato
l’inno » (26,30),
Gesù con i discepoli
uscirono verso il
monte degli ulivi.
Mentre Egli
istituiva
l’Eucaristia, quale
memoriale perenne di
Lui e della sua
Pasqua, poneva
simbolicamente
questo atto supremo
della Rivelazione
alla luce della
misericordia. Nello
stesso orizzonte
della misericordia,
Gesù viveva la sua
passione e morte,
cosciente del grande
mistero di amore che
si sarebbe compiuto
sulla croce. Sapere
che Gesù stesso ha
pregato con questo
Salmo, lo rende per
noi cristiani ancora
più importante e ci
impegna ad assumerne
il ritornello nella
nostra quotidiana
preghiera di lode:
“Eterna è la sua
misericordia”.
8. Con lo sguardo
fisso su Gesù e il
suo volto
misericordioso
possiamo cogliere
l’amore della SS.
Trinità. La missione
che Gesù ha ricevuto
dal Padre è stata
quella di rivelare
il mistero
dell’amore divino
nella sua pienezza.
« Dio è amore » (1
Gv 4,8.16), afferma
per la prima e unica
volta in tutta la
Sacra Scrittura
l’evangelista
Giovanni. Questo
amore è ormai reso
visibile e tangibile
in tutta la vita di
Gesù. La sua persona
non è altro che
amore, un amore che
si dona
gratuitamente. Le
sue relazioni con le
persone che lo
accostano
manifestano qualcosa
di unico e di
irripetibile. I
segni che compie,
soprattutto nei
confronti dei
peccatori, delle
persone povere,
escluse, malate e
sofferenti, sono
all’insegna della
misericordia. Tutto
in Lui parla di
misericordia. Nulla
in Lui è privo di
compassione.
Gesù, dinanzi alla
moltitudine di
persone che lo
seguivano, vedendo
che erano stanche e
sfinite, smarrite e
senza guida, sentì
fin dal profondo del
cuore una forte
compassione per loro
(cfr Mt 9,36). In
forza di questo
amore
compassionevole
guarì i malati che
gli venivano
presentati (cfr Mt
14,14), e con pochi
pani e pesci sfamò
grandi folle (cfr Mt
15,37). Ciò che
muoveva Gesù in
tutte le circostanze
non era altro che la
misericordia, con la
quale leggeva nel
cuore dei suoi
interlocutori e
rispondeva al loro
bisogno più vero.
Quando incontrò la
vedova di Naim che
portava il suo unico
figlio al sepolcro,
provò grande
compassione per quel
dolore immenso della
madre in pianto, e
le riconsegnò il
figlio
risuscitandolo dalla
morte (cfr Lc 7,15).
Dopo aver liberato
l’indemoniato di
Gerasa, gli affida
questa missione:
« Annuncia ciò che
il Signore ti ha
fatto e la
misericordia che ha
avuto per te » (Mc
5,19). Anche la
vocazione di Matteo
è inserita
nell’orizzonte della
misericordia.
Passando dinanzi al
banco delle imposte
gli occhi di Gesù
fissarono quelli di
Matteo. Era uno
sguardo carico di
misericordia che
perdonava i peccati
di quell’uomo e,
vincendo le
resistenze degli
altri discepoli,
scelse lui, il
peccatore e
pubblicano, per
diventare uno dei
Dodici. San Beda il
Venerabile,
commentando questa
scena del Vangelo,
ha scritto che Gesù
guardò Matteo con
amore misericordioso
e lo scelse:
miserando atque
eligendo.[7] Mi ha
sempre impressionato
questa espressione,
tanto da farla
diventare il mio
motto.
9. Nelle parabole
dedicate alla
misericordia, Gesù
rivela la natura di
Dio come quella di
un Padre che non si
dà mai per vinto
fino a quando non ha
dissolto il peccato
e vinto il rifiuto,
con la compassione e
la misericordia.
Conosciamo queste
parabole, tre in
particolare: quelle
della pecora
smarrita e della
moneta perduta, e
quella del padre e i
due figli (cfr Lc
15,1-32). In queste
parabole, Dio viene
sempre presentato
come colmo di gioia,
soprattutto quando
perdona. In esse
troviamo il nucleo
del Vangelo e della
nostra fede, perché
la misericordia è
presentata come la
forza che tutto
vince, che riempie
il cuore di amore e
che consola con il
perdono.
Da un’altra
parabola, inoltre,
ricaviamo un
insegnamento per il
nostro stile di vita
cristiano. Provocato
dalla domanda di
Pietro su quante
volte fosse
necessario
perdonare, Gesù
rispose: « Non ti
dico fino a sette
volte, ma fino a
settanta volte
sette » (Mt 18,22),
e raccontò la
parabola del “servo
spietato”. Costui,
chiamato dal padrone
a restituire una
grande somma, lo
supplica in
ginocchio e il
padrone gli condona
il debito. Ma subito
dopo incontra un
altro servo come lui
che gli era debitore
di pochi centesimi,
il quale lo supplica
in ginocchio di
avere pietà, ma lui
si rifiuta e lo fa
imprigionare. Allora
il padrone, venuto a
conoscenza del
fatto, si adira
molto e richiamato
quel servo gli dice:
« Non dovevi anche
tu aver pietà del
tuo compagno, così
come io ho avuto
pietà di te? »
(Mt 18,33). E Gesù
concluse: « Così
anche il Padre mio
celeste farà con voi
se non perdonerete
di cuore, ciascuno
al proprio
fratello » (Mt
18,35).
La parabola contiene
un profondo
insegnamento per
ciascuno di noi.
Gesù afferma che la
misericordia non è
solo l’agire del
Padre, ma diventa il
criterio per capire
chi sono i suoi veri
figli. Insomma,
siamo chiamati a
vivere di
misericordia, perché
a noi per primi è
stata usata
misericordia. Il
perdono delle offese
diventa
l’espressione più
evidente dell’amore
misericordioso e per
noi cristiani è un
imperativo da cui
non possiamo
prescindere. Come
sembra difficile
tante volte
perdonare! Eppure,
il perdono è lo
strumento posto
nelle nostre fragili
mani per raggiungere
la serenità del
cuore. Lasciar
cadere il rancore,
la rabbia, la
violenza e la
vendetta sono
condizioni
necessarie per
vivere felici.
Accogliamo quindi
l’esortazione
dell’apostolo: « Non
tramonti il sole
sopra la vostra
ira » (Ef 4,26). E
soprattutto
ascoltiamo la parola
di Gesù che ha posto
la misericordia come
un ideale di vita e
come criterio di
credibilità per la
nostra fede: « Beati
i misericordiosi,
perché troveranno
misericordia » (Mt
5,7) è la
beatitudine a cui
ispirarsi con
particolare impegno
in questo Anno
Santo.
Come si nota, la
misericordia nella
Sacra Scrittura è la
parola-chiave per
indicare l’agire di
Dio verso di noi.
Egli non si limita
ad affermare il suo
amore, ma lo rende
visibile e
tangibile. L’amore,
d’altronde, non
potrebbe mai essere
una parola astratta.
Per sua stessa
natura è vita
concreta:
intenzioni,
atteggiamenti,
comportamenti che si
verificano
nell’agire
quotidiano. La
misericordia di Dio
è la sua
responsabilità per
noi. Lui si sente
responsabile, cioè
desidera il nostro
bene e vuole vederci
felici, colmi di
gioia e sereni. È
sulla stessa
lunghezza d’onda che
si deve orientare
l’amore
misericordioso dei
cristiani. Come ama
il Padre così amano
i figli. Come è
misericordioso Lui,
così siamo chiamati
ad essere
misericordiosi noi,
gli uni verso gli
altri.
10. L’architrave che
sorregge la vita
della Chiesa è la
misericordia. Tutto
della sua azione
pastorale dovrebbe
essere avvolto dalla
tenerezza con cui si
indirizza ai
credenti; nulla del
suo annuncio e della
sua testimonianza
verso il mondo può
essere privo di
misericordia. La
credibilità della
Chiesa passa
attraverso la strada
dell’amore
misericordioso e
compassionevole. La
Chiesa « vive un
desiderio
inesauribile di
offrire
misericordia ».[8]
Forse per tanto
tempo abbiamo
dimenticato di
indicare e di vivere
la via della
misericordia. La
tentazione, da una
parte, di pretendere
sempre e solo la
giustizia ha fatto
dimenticare che
questa è il primo
passo, necessario e
indispensabile, ma
la Chiesa ha bisogno
di andare oltre per
raggiungere una meta
più alta e più
significativa.
Dall’altra parte, è
triste dover vedere
come l’esperienza
del perdono nella
nostra cultura si
faccia sempre più
diradata. Perfino la
parola stessa in
alcuni momenti
sembra svanire.
Senza la
testimonianza del
perdono, tuttavia,
rimane solo una vita
infeconda e sterile,
come se si vivesse
in un deserto
desolato. È giunto
di nuovo per la
Chiesa il tempo di
farsi carico
dell’annuncio
gioioso del perdono.
È il tempo del
ritorno
all’essenziale per
farci carico delle
debolezze e delle
difficoltà dei
nostri fratelli. Il
perdono è una forza
che risuscita a vita
nuova e infonde il
coraggio per
guardare al futuro
con speranza.
11. Non possiamo
dimenticare il
grande insegnamento
che san Giovanni
Paolo II ha offerto
con la sua seconda
Enciclica Dives in
misericordia, che
all’epoca giunse
inaspettata e colse
molti di sorpresa
per il tema che
veniva affrontato.
Due espressioni in
particolare desidero
ricordare.
Anzitutto, il santo
Papa rilevava la
dimenticanza del
tema della
misericordia nella
cultura dei nostri
giorni: « La
mentalità
contemporanea, forse
più di quella
dell’uomo del
passato, sembra
opporsi al Dio di
misericordia e tende
altresì ad
emarginare dalla
vita e a distogliere
dal cuore umano
l’idea stessa della
misericordia. La
parola e il concetto
di misericordia
sembrano porre a
disagio l’uomo, il
quale, grazie
all’enorme sviluppo
della scienza e
della tecnica, non
mai prima conosciuto
nella storia, è
diventato padrone ed
ha soggiogato e
dominato la terra
(cfr Gen 1,28). Tale
dominio sulla terra,
inteso talvolta
unilateralmente e
superficialmente,
sembra che non lasci
spazio alla
misericordia … Ed è
per questo che,
nell’odierna
situazione della
Chiesa e del mondo,
molti uomini e molti
ambienti guidati da
un vivo senso di
fede si rivolgono,
direi, quasi
spontaneamente alla
misericordia di
Dio ».[9]
Inoltre, san
Giovanni Paolo II
così motivava
l’urgenza di
annunciare e
testimoniare la
misericordia nel
mondo contemporaneo:
« Essa è dettata
dall’amore verso
l’uomo, verso tutto
ciò che è umano e
che, secondo
l’intuizione di gran
parte dei
contemporanei, è
minacciato da un
pericolo immenso. Il
mistero di Cristo …
mi obbliga a
proclamare la
misericordia quale
amore misericordioso
di Dio, rivelato
nello stesso mistero
di Cristo. Esso mi
obbliga anche a
richiamarmi a tale
misericordia e ad
implorarla in questa
difficile, critica
fase della storia
della Chiesa e del
mondo ».[10] Tale
suo insegnamento è
più che mai attuale
e merita di essere
ripreso in questo
Anno Santo.
Accogliamo
nuovamente le sue
parole: « La Chiesa
vive una vita
autentica quando
professa e proclama
la misericordia – il
più stupendo
attributo del
Creatore e del
Redentore – e quando
accosta gli uomini
alle fonti della
misericordia del
Salvatore di cui
essa è depositaria e
dispensatrice ».[11]
12. La Chiesa ha la
missione di
annunciare la
misericordia di Dio,
cuore pulsante del
Vangelo, che per
mezzo suo deve
raggiungere il cuore
e la mente di ogni
persona. La Sposa di
Cristo fa suo il
comportamento del
Figlio di Dio che a
tutti va incontro
senza escludere
nessuno. Nel nostro
tempo, in cui la
Chiesa è impegnata
nella nuova
evangelizzazione, il
tema della
misericordia esige
di essere riproposto
con nuovo entusiasmo
e con una rinnovata
azione pastorale. È
determinante per la
Chiesa e per la
credibilità del suo
annuncio che essa
viva e testimoni in
prima persona la
misericordia. Il suo
linguaggio e i suoi
gesti devono
trasmettere
misericordia per
penetrare nel cuore
delle persone e
provocarle a
ritrovare la strada
per ritornare al
Padre.
La prima verità
della Chiesa è
l’amore di Cristo.
Di questo amore, che
giunge fino al
perdono e al dono di
sé, la Chiesa si fa
serva e mediatrice
presso gli uomini.
Pertanto, dove la
Chiesa è presente,
là deve essere
evidente la
misericordia del
Padre. Nelle nostre
parrocchie, nelle
comunità, nelle
associazioni e nei
movimenti, insomma,
dovunque vi sono dei
cristiani, chiunque
deve poter trovare
un’oasi di
misericordia.
13. Vogliamo vivere
questo Anno
Giubilare alla luce
della parola del
Signore:
Misericordiosi come
il Padre.
L’evangelista
riporta
l’insegnamento di
Gesù che dice:
« Siate
misericordiosi, come
il Padre vostro è
misericordioso » (Lc
6,36). È un
programma di vita
tanto impegnativo
quanto ricco di
gioia e di pace.
L’imperativo di Gesù
è rivolto a quanti
ascoltano la sua
voce (cfr Lc 6,27).
Per essere capaci di
misericordia,
quindi, dobbiamo in
primo luogo porci in
ascolto della Parola
di Dio. Ciò
significa recuperare
il valore del
silenzio per
meditare la Parola
che ci viene
rivolta. In questo
modo è possibile
contemplare la
misericordia di Dio
e assumerlo come
proprio stile di
vita.
14. Il
pellegrinaggio è un
segno peculiare
nell’Anno Santo,
perché è icona del
cammino che ogni
persona compie nella
sua esistenza. La
vita è un
pellegrinaggio e
l’essere umano è
viator, un
pellegrino che
percorre una strada
fino alla meta
agognata. Anche per
raggiungere la Porta
Santa a Roma e in
ogni altro luogo,
ognuno dovrà
compiere, secondo le
proprie forze, un
pellegrinaggio. Esso
sarà un segno del
fatto che anche la
misericordia è una
meta da raggiungere
e che richiede
impegno e
sacrificio. Il
pellegrinaggio,
quindi, sia stimolo
alla conversione:
attraversando la
Porta Santa ci
lasceremo
abbracciare dalla
misericordia di Dio
e ci impegneremo ad
essere
misericordiosi con
gli altri come il
Padre lo è con noi.
Il Signore Gesù
indica le tappe del
pellegrinaggio
attraverso cui è
possibile
raggiungere questa
meta: « Non
giudicate e non
sarete giudicati;
non condannate e non
sarete condannati;
perdonate e sarete
perdonati. Date e vi
sarà dato: una
misura buona,
pigiata, colma e
traboccante vi sarà
versata nel grembo,
perché con la misura
con la quale
misurate, sarà
misurato a voi in
cambio » (Lc
6,37-38). Dice
anzitutto di non
giudicare e di non
condannare. Se non
si vuole incorrere
nel giudizio di Dio,
nessuno può
diventare giudice
del proprio
fratello. Gli
uomini, infatti, con
il loro giudizio si
fermano alla
superficie, mentre
il Padre guarda
nell’intimo. Quanto
male fanno le parole
quando sono mosse da
sentimenti di
gelosia e invidia!
Parlare male del
fratello in sua
assenza equivale a
porlo in cattiva
luce, a
compromettere la sua
reputazione e
lasciarlo in balia
della chiacchiera.
Non giudicare e non
condannare
significa, in
positivo, saper
cogliere ciò che di
buono c’è in ogni
persona e non
permettere che abbia
a soffrire per il
nostro giudizio
parziale e la nostra
presunzione di
sapere tutto. Ma
questo non è ancora
sufficiente per
esprimere la
misericordia. Gesù
chiede anche di
perdonare e di
donare. Essere
strumenti del
perdono, perché noi
per primi lo abbiamo
ottenuto da Dio.
Essere generosi nei
confronti di tutti,
sapendo che anche
Dio elargisce la sua
benevolenza su di
noi con grande
magnanimità.
Misericordiosi come
il Padre, dunque, è
il “motto” dell’Anno
Santo. Nella
misericordia abbiamo
la prova di come Dio
ama. Egli dà tutto
se stesso, per
sempre,
gratuitamente, e
senza nulla chiedere
in cambio. Viene in
nostro aiuto quando
lo invochiamo. È
bello che la
preghiera quotidiana
della Chiesa inizi
con queste parole:
« O Dio, vieni a
salvarmi, Signore,
vieni presto in mio
aiuto » (Sal 70,2).
L’aiuto che
invochiamo è già il
primo passo della
misericordia di Dio
verso di noi. Egli
viene a salvarci
dalla condizione di
debolezza in cui
viviamo. E il suo
aiuto consiste nel
farci cogliere la
sua presenza e la
sua vicinanza.
Giorno per giorno,
toccati dalla sua
compassione,
possiamo anche noi
diventare
compassionevoli
verso tutti.
15. In questo Anno
Santo, potremo fare
l’esperienza di
aprire il cuore a
quanti vivono nelle
più disparate
periferie
esistenziali, che
spesso il mondo
moderno crea in
maniera drammatica.
Quante situazioni di
precarietà e
sofferenza sono
presenti nel mondo
di oggi! Quante
ferite sono impresse
nella carne di tanti
che non hanno più
voce perché il loro
grido si è
affievolito e spento
a causa
dell’indifferenza
dei popoli ricchi.
In questo Giubileo
ancora di più la
Chiesa sarà chiamata
a curare queste
ferite, a lenirle
con l’olio della
consolazione,
fasciarle con la
misericordia e
curarle con la
solidarietà e
l’attenzione dovuta.
Non cadiamo
nell’indifferenza
che umilia,
nell’abitudinarietà
che anestetizza
l’animo e impedisce
di scoprire la
novità, nel cinismo
che distrugge.
Apriamo i nostri
occhi per guardare
le miserie del
mondo, le ferite di
tanti fratelli e
sorelle privati
della dignità, e
sentiamoci provocati
ad ascoltare il loro
grido di aiuto. Le
nostre mani
stringano le loro
mani, e tiriamoli a
noi perché sentano
il calore della
nostra presenza,
dell’amicizia e
della fraternità.
Che il loro grido
diventi il nostro e
insieme possiamo
spezzare la barriera
di indifferenza che
spesso regna sovrana
per nascondere
l’ipocrisia e
l’egoismo.
È mio vivo desiderio
che il popolo
cristiano rifletta
durante il Giubileo
sulle opere di
misericordia
corporale e
spirituale. Sarà un
modo per risvegliare
la nostra coscienza
spesso assopita
davanti al dramma
della povertà e per
entrare sempre di
più nel cuore del
Vangelo, dove i
poveri sono i
privilegiati della
misericordia divina.
La predicazione di
Gesù ci presenta
queste opere di
misericordia perché
possiamo capire se
viviamo o no come
suoi discepoli.
Riscopriamo le opere
di misericordia
corporale: dare da
mangiare agli
affamati, dare da
bere agli assetati,
vestire gli ignudi,
accogliere i
forestieri,
assistere gli
ammalati, visitare i
carcerati,
seppellire i morti.
E non dimentichiamo
le opere di
misericordia
spirituale:
consigliare i
dubbiosi, insegnare
agli ignoranti,
ammonire i
peccatori, consolare
gli afflitti,
perdonare le offese,
sopportare
pazientemente le
persone moleste,
pregare Dio per i
vivi e per i morti.
Non possiamo
sfuggire alle parole
del Signore: e in
base ad esse saremo
giudicati: se avremo
dato da mangiare a
chi ha fame e da
bere a chi ha sete.
Se avremo accolto il
forestiero e vestito
chi è nudo. Se
avremo avuto tempo
per stare con chi è
malato e prigioniero
(cfr Mt 25,31-45).
Ugualmente, ci sarà
chiesto se avremo
aiutato ad uscire
dal dubbio che fa
cadere nella paura e
che spesso è fonte
di solitudine; se
saremo stati capaci
di vincere
l’ignoranza in cui
vivono milioni di
persone, soprattutto
i bambini privati
dell’aiuto
necessario per
essere riscattati
dalla povertà; se
saremo stati vicini
a chi è solo e
afflitto; se avremo
perdonato chi ci
offende e respinto
ogni forma di
rancore e di odio
che porta alla
violenza; se avremo
avuto pazienza
sull’esempio di Dio
che è tanto paziente
con noi; se, infine,
avremo affidato al
Signore nella
preghiera i nostri
fratelli e sorelle.
In ognuno di questi
“più piccoli” è
presente Cristo
stesso. La sua carne
diventa di nuovo
visibile come corpo
martoriato, piagato,
flagellato,
denutrito, in fuga…
per essere da noi
riconosciuto,
toccato e assistito
con cura. Non
dimentichiamo le
parole di san
Giovanni della
Croce: « Alla sera
della vita, saremo
giudicati
sull’amore ».[12]
16. Nel Vangelo di
Luca troviamo un
altro aspetto
importante per
vivere con fede il
Giubileo. Racconta
l’evangelista che
Gesù, un sabato,
ritornò a Nazaret e,
come era solito
fare, entrò nella
Sinagoga. Lo
chiamarono a leggere
la Scrittura e
commentarla. Il
passo era quello del
profeta Isaia dove
sta scritto: « Lo
Spirito del Signore
è sopra di me; per
questo mi ha
consacrato con
l’unzione e mi ha
mandato a portare ai
poveri il lieto
annuncio, a
proclamare ai
prigionieri la
liberazione e ai
ciechi la vista; a
rimettere in libertà
gli oppressi, a
proclamare l’anno di
misericordia del
Signore » (61,1-2).
“Un anno di
misericordia”: è
questo quanto viene
annunciato dal
Signore e che noi
desideriamo vivere.
Questo Anno Santo
porta con sé la
ricchezza della
missione di Gesù che
risuona nelle parole
del Profeta: portare
una parola e un
gesto di
consolazione ai
poveri, annunciare
la liberazione a
quanti sono
prigionieri delle
nuove schiavitù
della società
moderna, restituire
la vista a chi non
riesce più a vedere
perché curvo su sé
stesso, e restituire
dignità a quanti ne
sono stati privati.
La predicazione di
Gesù si rende di
nuovo visibile nelle
risposte di fede che
la testimonianza dei
cristiani è chiamata
ad offrire. Ci
accompagnino le
parole
dell’Apostolo: « Chi
fa opere di
misericordia, le
compia con gioia »
(Rm 12,8).
17. La Quaresima di
questo Anno
Giubilare sia
vissuta più
intensamente come
momento forte per
celebrare e
sperimentare la
misericordia di Dio.
Quante pagine della
Sacra Scrittura
possono essere
meditate nelle
settimane della
Quaresima per
riscoprire il volto
misericordioso del
Padre! Con le parole
del profeta Michea
possiamo anche noi
ripetere: Tu, o
Signore, sei un Dio
che toglie
l’iniquità e perdona
il peccato, che non
serbi per sempre la
tua ira, ma ti
compiaci di usare
misericordia. Tu,
Signore, ritornerai
a noi e avrai pietà
del tuo popolo.
Calpesterai le
nostre colpe e
getterai in fondo al
mare tutti i nostri
peccati (cfr
7,18-19).
Le pagine del
profeta Isaia
potranno essere
meditate più
concretamente in
questo tempo di
preghiera, digiuno e
carità: « Non è
piuttosto questo il
digiuno che voglio:
sciogliere le catene
inique, togliere i
legami del giogo,
rimandare liberi gli
oppressi e spezzare
ogni giogo? Non
consiste forse nel
dividere il pane con
l’affamato,
nell’introdurre in
casa i miseri, senza
tetto, nel vestire
uno che vedi nudo,
senza trascurare i
tuoi parenti? Allora
la tua luce sorgerà
come l’aurora, la
tua ferita si
rimarginerà presto.
Davanti a te
camminerà la tua
giustizia, la gloria
del Signore ti
seguirà. Allora
invocherai e il
Signore ti
risponderà,
implorerai aiuto ed
egli dirà:
“Eccomi!”. Se
toglierai di mezzo a
te l’oppressione, il
puntare il dito e il
parlare empio, se
aprirai il tuo cuore
all’affamato, se
sazierai l’afflitto
di cuore, allora
brillerà fra le
tenebre la tua luce,
la tua tenebra sarà
come il meriggio. Ti
guiderà sempre il
Signore, ti sazierà
in terreni aridi,
rinvigorirà le tue
ossa; sarai come un
giardino irrigato e
come una sorgente le
cui acque non
inaridiscono »
(58,6-11).
L’iniziativa “24 ore
per il Signore”, da
celebrarsi nel
venerdì e sabato che
precedono la IV
domenica di
Quaresima, è da
incrementare nelle
Diocesi. Tante
persone si stanno
riavvicinando al
sacramento della
Riconciliazione e
tra questi molti
giovani, che in tale
esperienza ritrovano
spesso il cammino
per ritornare al
Signore, per vivere
un momento di
intensa preghiera e
riscoprire il senso
della propria vita.
Poniamo di nuovo al
centro con
convinzione il
sacramento della
Riconciliazione,
perché permette di
toccare con mano la
grandezza della
misericordia. Sarà
per ogni penitente
fonte di vera pace
interiore.
Non mi stancherò mai
di insistere perché
i confessori siano
un vero segno della
misericordia del
Padre. Non ci si
improvvisa
confessori. Lo si
diventa quando,
anzitutto, ci
facciamo noi per
primi penitenti in
cerca di perdono.
Non dimentichiamo
mai che essere
confessori significa
partecipare della
stessa missione di
Gesù ed essere segno
concreto della
continuità di un
amore divino che
perdona e che salva.
Ognuno di noi ha
ricevuto il dono
dello Spirito Santo
per il perdono dei
peccati, di questo
siamo responsabili.
Nessuno di noi è
padrone del
Sacramento, ma un
fedele servitore del
perdono di Dio. Ogni
confessore dovrà
accogliere i fedeli
come il padre nella
parabola del figlio
prodigo: un padre
che corre incontro
al figlio nonostante
avesse dissipato i
suoi beni. I
confessori sono
chiamati a stringere
a sé quel figlio
pentito che ritorna
a casa e ad
esprimere la gioia
per averlo
ritrovato. Non si
stancheranno di
andare anche verso
l’altro figlio
rimasto fuori e
incapace di gioire,
per spiegargli che
il suo giudizio
severo è ingiusto, e
non ha senso dinanzi
alla misericordia
del Padre che non ha
confini. Non
porranno domande
impertinenti, ma
come il padre della
parabola
interromperanno il
discorso preparato
dal figlio prodigo,
perché sapranno
cogliere nel cuore
di ogni penitente
l’invocazione di
aiuto e la richiesta
di perdono. Insomma,
i confessori sono
chiamati ad essere
sempre, dovunque, in
ogni situazione e
nonostante tutto, il
segno del primato
della misericordia.
18. Nella Quaresima
di questo Anno Santo
ho l’intenzione di
inviare i Missionari
della Misericordia.
Saranno un segno
della sollecitudine
materna della Chiesa
per il Popolo di
Dio, perché entri in
profondità nella
ricchezza di questo
mistero così
fondamentale per la
fede. Saranno
sacerdoti a cui darò
l’autorità di
perdonare anche i
peccati che sono
riservati alla Sede
Apostolica, perché
sia resa evidente
l’ampiezza del loro
mandato. Saranno,
soprattutto, segno
vivo di come il
Padre accoglie
quanti sono in
ricerca del suo
perdono. Saranno dei
missionari della
misericordia perché
si faranno artefici
presso tutti di un
incontro carico di
umanità, sorgente di
liberazione, ricco
di responsabilità
per superare gli
ostacoli e
riprendere la vita
nuova del Battesimo.
Si lasceranno
condurre nella loro
missione dalle
parole
dell’Apostolo: « Dio
ha rinchiuso tutti
nella disobbedienza,
per essere
misericordioso verso
tutti » (Rm 11,32).
Tutti infatti,
nessuno escluso,
sono chiamati a
cogliere l’appello
alla misericordia. I
missionari vivano
questa chiamata
sapendo di poter
fissare lo sguardo
su Gesù, « sommo
sacerdote
misericordioso e
degno di fede » (Eb
2,17).
Chiedo ai
confratelli Vescovi
di invitare e di
accogliere questi
Missionari, perché
siano anzitutto
predicatori
convincenti della
misericordia. Si
organizzino nelle
Diocesi delle
“missioni al
popolo”, in modo che
questi Missionari
siano annunciatori
della gioia del
perdono. Si chieda
loro di celebrare il
sacramento della
Riconciliazione per
il popolo, perché il
tempo di grazia
donato nell’Anno
Giubilare permetta a
tanti figli lontani
di ritrovare il
cammino verso la
casa paterna. I
Pastori,
specialmente durante
il tempo forte della
Quaresima, siano
solleciti nel
richiamare i fedeli
ad accostarsi « al
trono della grazia
per ricevere
misericordia e
trovare grazia » (Eb
4,16).
19. La parola del
perdono possa
giungere a tutti e
la chiamata a
sperimentare la
misericordia non
lasci nessuno
indifferente. Il mio
invito alla
conversione si
rivolge con ancora
più insistenza verso
quelle persone che
si trovano lontane
dalla grazia di Dio
per la loro condotta
di vita. Penso in
modo particolare
agli uomini e alle
donne che
appartengono a un
gruppo criminale,
qualunque esso sia.
Per il vostro bene,
vi chiedo di
cambiare vita. Ve lo
chiedo nel nome del
Figlio di Dio che,
pur combattendo il
peccato, non ha mai
rifiutato nessun
peccatore. Non
cadete nella
terribile trappola
di pensare che la
vita dipende dal
denaro e che di
fronte ad esso tutto
il resto diventa
privo di valore e di
dignità. È solo
un’illusione. Non
portiamo il denaro
con noi nell’al di
là. Il denaro non ci
dà la vera felicità.
La violenza usata
per ammassare soldi
che grondano sangue
non rende potenti né
immortali. Per
tutti, presto o
tardi, viene il
giudizio di Dio a
cui nessuno potrà
sfuggire.
Lo stesso invito
giunga anche alle
persone fautrici o
complici di
corruzione. Questa
piaga putrefatta
della società è un
grave peccato che
grida verso il
cielo, perché mina
fin dalle fondamenta
la vita personale e
sociale. La
corruzione impedisce
di guardare al
futuro con speranza,
perché con la sua
prepotenza e avidità
distrugge i progetti
dei deboli e
schiaccia i più
poveri. È un male
che si annida nei
gesti quotidiani per
estendersi poi negli
scandali pubblici.
La corruzione è un
accanimento nel
peccato, che intende
sostituire Dio con
l’illusione del
denaro come forma di
potenza. È un’opera
delle tenebre,
sostenuta dal
sospetto e
dall’intrigo.
Corruptio optimi
pessima, diceva con
ragione san Gregorio
Magno, per indicare
che nessuno può
sentirsi immune da
questa tentazione.
Per debellarla dalla
vita personale e
sociale sono
necessarie prudenza,
vigilanza, lealtà,
trasparenza, unite
al coraggio della
denuncia. Se non la
si combatte
apertamente, presto
o tardi rende
complici e distrugge
l’esistenza.
Questo è il momento
favorevole per
cambiare vita!
Questo è il tempo di
lasciarsi toccare il
cuore. Davanti al
male commesso, anche
a crimini gravi, è
il momento di
ascoltare il pianto
delle persone
innocenti depredate
dei beni, della
dignità, degli
affetti, della
stessa vita.
Rimanere sulla via
del male è solo
fonte di illusione e
di tristezza. La
vera vita è ben
altro. Dio non si
stanca di tendere la
mano. È sempre
disposto ad
ascoltare, e anch’io
lo sono, come i miei
fratelli vescovi e
sacerdoti. È
sufficiente solo
accogliere l’invito
alla conversione e
sottoporsi alla
giustizia, mentre la
Chiesa offre la
misericordia.
20. Non sarà inutile
in questo contesto
richiamare al
rapporto tra
giustizia e
misericordia. Non
sono due aspetti in
contrasto tra di
loro, ma due
dimensioni di
un’unica realtà che
si sviluppa
progressivamente
fino a raggiungere
il suo apice nella
pienezza dell’amore.
La giustizia è un
concetto
fondamentale per la
società civile
quando, normalmente,
si fa riferimento a
un ordine giuridico
attraverso il quale
si applica la legge.
Per giustizia si
intende anche che a
ciascuno deve essere
dato ciò che gli è
dovuto. Nella
Bibbia, molte volte
si fa riferimento
alla giustizia
divina e a Dio come
giudice. La si
intende di solito
come l’osservanza
integrale della
Legge e il
comportamento di
ogni buon israelita
conforme ai
comandamenti dati da
Dio. Questa visione,
tuttavia, ha portato
non poche volte a
cadere nel
legalismo,
mistificando il
senso originario e
oscurando il valore
profondo che la
giustizia possiede.
Per superare la
prospettiva
legalista,
bisognerebbe
ricordare che nella
Sacra Scrittura la
giustizia è
concepita
essenzialmente come
un abbandonarsi
fiducioso alla
volontà di Dio.
Da parte sua, Gesù
parla più volte
dell’importanza
della fede,
piuttosto che
dell’osservanza
della legge. È in
questo senso che
dobbiamo comprendere
le sue parole
quando, trovandosi a
tavola con Matteo e
altri pubblicani e
peccatori, dice ai
farisei che lo
contestavano:
« Andate e imparate
che cosa vuol dire:
Misericordia io
voglio e non
sacrifici. Io non
sono venuto infatti
a chiamare i giusti,
ma i peccatori » (Mt
9,13). Davanti alla
visione di una
giustizia come mera
osservanza della
legge, che giudica
dividendo le persone
in giusti e
peccatori, Gesù
punta a mostrare il
grande dono della
misericordia che
ricerca i peccatori
per offrire loro il
perdono e la
salvezza. Si
comprende perché, a
causa di questa sua
visione così
liberatrice e fonte
di rinnovamento,
Gesù sia stato
rifiutato dai
farisei e dai
dottori della legge.
Questi per essere
fedeli alla legge
ponevano solo pesi
sulle spalle delle
persone, vanificando
però la misericordia
del Padre. Il
richiamo
all’osservanza della
legge non può
ostacolare
l’attenzione per le
necessità che
toccano la dignità
delle persone.
Il richiamo che Gesù
fa al testo del
profeta Osea –
« voglio l’amore e
non il sacrificio »
(6,6) – è molto
significativo in
proposito. Gesù
afferma che d’ora in
avanti la regola di
vita dei suoi
discepoli dovrà
essere quella che
prevede il primato
della misericordia,
come Lui stesso
testimonia,
condividendo il
pasto con i
peccatori. La
misericordia, ancora
una volta, viene
rivelata come
dimensione
fondamentale della
missione di Gesù.
Essa è una vera
sfida dinanzi ai
suoi interlocutori
che si fermavano al
rispetto formale
della legge. Gesù,
invece, va oltre la
legge; la sua
condivisione con
quelli che la legge
considerava
peccatori fa
comprendere fin dove
arriva la sua
misericordia.
Anche l’apostolo
Paolo ha fatto un
percorso simile.
Prima di incontrare
Cristo sulla via di
Damasco, la sua vita
era dedicata a
perseguire in
maniera
irreprensibile la
giustizia della
legge (cfr Fil 3,6).
La conversione a
Cristo lo portò a
ribaltare la sua
visione, a tal punto
che nella Lettera ai
Galati afferma:
« Abbiamo creduto
anche noi in Cristo
Gesù per essere
giustificati per la
fede in Cristo e non
per le opere della
Legge » (2,16). La
sua comprensione
della giustizia
cambia radicalmente.
Paolo ora pone al
primo posto la fede
e non più la legge.
Non è l’osservanza
della legge che
salva, ma la fede in
Gesù Cristo, che con
la sua morte e
resurrezione porta
la salvezza con la
misericordia che
giustifica. La
giustizia di Dio
diventa adesso la
liberazione per
quanti sono oppressi
dalla schiavitù del
peccato e di tutte
le sue conseguenze.
La giustizia di Dio
è il suo perdono
(cfr Sal 51,11-16).
21. La misericordia
non è contraria alla
giustizia ma esprime
il comportamento di
Dio verso il
peccatore,
offrendogli
un’ulteriore
possibilità per
ravvedersi,
convertirsi e
credere.
L’esperienza del
profeta Osea ci
viene in aiuto per
mostrarci il
superamento della
giustizia nella
direzione della
misericordia.
L’epoca di questo
profeta è tra le più
drammatiche della
storia del popolo
ebraico. Il Regno è
vicino alla
distruzione; il
popolo non è rimasto
fedele all’alleanza,
si è allontanato da
Dio e ha perso la
fede dei Padri.
Secondo una logica
umana, è giusto che
Dio pensi di
rifiutare il popolo
infedele: non ha
osservato il patto
stipulato e quindi
merita la dovuta
pena, cioè l’esilio.
Le parole del
profeta lo
attestano: « Non
ritornerà al paese
d’Egitto, ma Assur
sarà il suo re,
perché non hanno
voluto convertirsi »
(Os 11,5). Eppure,
dopo questa reazione
che si richiama alla
giustizia, il
profeta modifica
radicalmente il suo
linguaggio e rivela
il vero volto di
Dio: « Il mio cuore
si commuove dentro
di me, il mio intimo
freme di
compassione. Non
darò sfogo
all’ardore della mia
ira, non tornerò a
distruggere Èfraim,
perché sono Dio e
non uomo; sono il
Santo in mezzo a te
e non verrò da te
nella mia ira »
(11,8-9).
Sant’Agostino, quasi
a commentare le
parole del profeta
dice: « È più facile
che Dio trattenga
l’ira più che la
misericordia ».[13]
È proprio così.
L’ira di Dio dura un
istante, mentre la
sua misericordia
dura in eterno.
Se Dio si fermasse
alla giustizia
cesserebbe di essere
Dio, sarebbe come
tutti gli uomini che
invocano il rispetto
della legge. La
giustizia da sola
non basta, e
l’esperienza insegna
che appellarsi solo
ad essa rischia di
distruggerla. Per
questo Dio va oltre
la giustizia con la
misericordia e il
perdono. Ciò non
significa svalutare
la giustizia o
renderla superflua,
al contrario. Chi
sbaglia dovrà
scontare la pena.
Solo che questo non
è il fine, ma
l’inizio della
conversione, perché
si sperimenta la
tenerezza del
perdono. Dio non
rifiuta la
giustizia. Egli la
ingloba e supera in
un evento superiore
dove si sperimenta
l’amore che è a
fondamento di una
vera giustizia.
Dobbiamo prestare
molta attenzione a
quanto scrive Paolo
per non cadere nello
stesso errore che
l’Apostolo
rimproverava ai
Giudei suoi
contemporanei:
« Ignorando la
giustizia di Dio e
cercando di
stabilire la
propria, non si sono
sottomessi alla
giustizia di Dio.
Ora, il termine
della Legge è
Cristo, perché la
giustizia sia data a
chiunque crede » (Rm
10,3-4). Questa
giustizia di Dio è
la misericordia
concessa a tutti
come grazia in forza
della morte e
risurrezione di Gesù
Cristo. La Croce di
Cristo, dunque, è il
giudizio di Dio su
tutti noi e sul
mondo, perché ci
offre la certezza
dell’amore e della
vita nuova.
22. Il Giubileo
porta con sé anche
il riferimento
all’indulgenza.
Nell’Anno Santo
della Misericordia
essa acquista un
rilievo particolare.
Il perdono di Dio
per i nostri peccati
non conosce confini.
Nella morte e
risurrezione di Gesù
Cristo, Dio rende
evidente questo suo
amore che giunge
fino a distruggere
il peccato degli
uomini. Lasciarsi
riconciliare con Dio
è possibile
attraverso il
mistero pasquale e
la mediazione della
Chiesa. Dio quindi è
sempre disponibile
al perdono e non si
stanca mai di
offrirlo in maniera
sempre nuova e
inaspettata. Noi
tutti, tuttavia,
facciamo esperienza
del peccato.
Sappiamo di essere
chiamati alla
perfezione (cfr Mt
5,48), ma sentiamo
forte il peso del
peccato. Mentre
percepiamo la
potenza della grazia
che ci trasforma,
sperimentiamo anche
la forza del peccato
che ci condiziona.
Nonostante il
perdono, nella
nostra vita portiamo
le contraddizioni
che sono la
conseguenza dei
nostri peccati. Nel
sacramento della
Riconciliazione Dio
perdona i peccati,
che sono davvero
cancellati; eppure,
l’impronta negativa
che i peccati hanno
lasciato nei nostri
comportamenti e nei
nostri pensieri
rimane. La
misericordia di Dio
però è più forte
anche di questo.
Essa diventa
indulgenza del Padre
che attraverso la
Sposa di Cristo
raggiunge il
peccatore perdonato
e lo libera da ogni
residuo della
conseguenza del
peccato,
abilitandolo ad
agire con carità, a
crescere nell’amore
piuttosto che
ricadere nel
peccato.
La Chiesa vive la
comunione dei Santi.
Nell’Eucaristia
questa comunione,
che è dono di Dio,
si attua come unione
spirituale che lega
noi credenti con i
Santi e i Beati il
cui numero è
incalcolabile (cfr
Ap 7,4). La loro
santità viene in
aiuto alla nostra
fragilità, e così la
Madre Chiesa è
capace con la sua
preghiera e la sua
vita di venire
incontro alla
debolezza di alcuni
con la santità di
altri. Vivere dunque
l’indulgenza
nell’Anno Santo
significa accostarsi
alla misericordia
del Padre con la
certezza che il suo
perdono si estende
su tutta la vita del
credente. Indulgenza
è sperimentare la
santità della Chiesa
che partecipa a
tutti i benefici
della redenzione di
Cristo, perché il
perdono sia esteso
fino alle estreme
conseguenze a cui
giunge l’amore di
Dio. Viviamo
intensamente il
Giubileo chiedendo
al Padre il perdono
dei peccati e
l’estensione della
sua indulgenza
misericordiosa.
23. La misericordia
possiede una valenza
che va oltre i
confini della
Chiesa. Essa ci
relaziona
all’Ebraismo e
all’Islam, che la
considerano uno
degli attributi più
qualificanti di Dio.
Israele per primo ha
ricevuto questa
rivelazione, che
permane nella storia
come inizio di una
ricchezza
incommensurabile da
offrire all’intera
umanità. Come
abbiamo visto, le
pagine dell’Antico
Testamento sono
intrise di
misericordia, perché
narrano le opere che
il Signore ha
compiuto a favore
del suo popolo nei
momenti più
difficili della sua
storia. L’Islam, da
parte sua, tra i
nomi attribuiti al
Creatore pone quello
di Misericordioso e
Clemente. Questa
invocazione è spesso
sulle labbra dei
fedeli musulmani,
che si sentono
accompagnati e
sostenuti dalla
misericordia nella
loro quotidiana
debolezza. Anch’essi
credono che nessuno
può limitare la
misericordia divina
perché le sue porte
sono sempre aperte.
Questo Anno
Giubilare vissuto
nella misericordia
possa favorire
l’incontro con
queste religioni e
con le altre nobili
tradizioni
religiose; ci renda
più aperti al
dialogo per meglio
conoscerci e
comprenderci;
elimini ogni forma
di chiusura e di
disprezzo ed espella
ogni forma di
violenza e di
discriminazione.
24. Il pensiero ora
si volge alla Madre
della Misericordia.
La dolcezza del suo
sguardo ci
accompagni in questo
Anno Santo, perché
tutti possiamo
riscoprire la gioia
della tenerezza di
Dio. Nessuno come
Maria ha conosciuto
la profondità del
mistero di Dio fatto
uomo. Tutto nella
sua vita è stato
plasmato dalla
presenza della
misericordia fatta
carne. La Madre del
Crocifisso Risorto è
entrata nel
santuario della
misericordia divina
perché ha
partecipato
intimamente al
mistero del suo
amore.
Scelta per essere la
Madre del Figlio di
Dio, Maria è stata
da sempre preparata
dall’amore del Padre
per essere Arca
dell’Alleanza tra
Dio e gli uomini. Ha
custodito nel suo
cuore la divina
misericordia in
perfetta sintonia
con il suo Figlio
Gesù. Il suo canto
di lode, sulla
soglia della casa di
Elisabetta, fu
dedicato alla
misericordia che si
estende « di
generazione in
generazione » (Lc
1,50). Anche noi
eravamo presenti in
quelle parole
profetiche della
Vergine Maria.
Questo ci sarà di
conforto e di
sostegno mentre
attraverseremo la
Porta Santa per
sperimentare i
frutti della
misericordia divina.
Presso la croce,
Maria insieme a
Giovanni, il
discepolo
dell’amore, è
testimone delle
parole di perdono
che escono dalle
labbra di Gesù. Il
perdono supremo
offerto a chi lo ha
crocifisso ci mostra
fin dove può
arrivare la
misericordia di Dio.
Maria attesta che la
misericordia del
Figlio di Dio non
conosce confini e
raggiunge tutti
senza escludere
nessuno. Rivolgiamo
a lei la preghiera
antica e sempre
nuova della Salve
Regina, perché non
si stanchi mai di
rivolgere a noi i
suoi occhi
misericordiosi e ci
renda degni di
contemplare il volto
della misericordia,
suo Figlio Gesù.
La nostra preghiera
si estenda anche ai
tanti Santi e Beati
che hanno fatto
della misericordia
la loro missione di
vita. In particolare
il pensiero è
rivolto alla grande
apostola della
misericordia, santa
Faustina Kowalska.
Lei, che fu chiamata
ad entrare nelle
profondità della
divina misericordia,
interceda per noi e
ci ottenga di vivere
e camminare sempre
nel perdono di Dio e
nell’incrollabile
fiducia nel suo
amore.
25. Un Anno Santo
straordinario,
dunque, per vivere
nella vita di ogni
giorno la
misericordia che da
sempre il Padre
estende verso di
noi. In questo
Giubileo lasciamoci
sorprendere da Dio.
Lui non si stanca
mai di spalancare la
porta del suo cuore
per ripetere che ci
ama e vuole
condividere con noi
la sua vita. La
Chiesa sente in
maniera forte
l’urgenza di
annunciare la
misericordia di Dio.
La sua vita è
autentica e
credibile quando fa
della misericordia
il suo annuncio
convinto. Essa sa
che il suo primo
compito, soprattutto
in un momento come
il nostro colmo di
grandi speranze e
forti
contraddizioni, è
quello di introdurre
tutti nel grande
mistero della
misericordia di Dio,
contemplando il
volto di Cristo. La
Chiesa è chiamata
per prima ad essere
testimone veritiera
della misericordia
professandola e
vivendola come il
centro della
Rivelazione di Gesù
Cristo. Dal cuore
della Trinità,
dall’intimo più
profondo del mistero
di Dio, sgorga e
scorre senza sosta
il grande fiume
della misericordia.
Questa fonte non
potrà mai esaurirsi,
per quanti siano
quelli che vi si
accostano. Ogni
volta che ognuno ne
avrà bisogno, potrà
accedere ad essa,
perché la
misericordia di Dio
è senza fine. Tanto
è imperscrutabile la
profondità del
mistero che
racchiude, tanto è
inesauribile la
ricchezza che da
essa proviene.
In questo Anno
Giubilare la Chiesa
si faccia eco della
Parola di Dio che
risuona forte e
convincente come una
parola e un gesto di
perdono, di
sostegno, di aiuto,
di amore. Non si
stanchi mai di
offrire misericordia
e sia sempre
paziente nel
confortare e
perdonare. La Chiesa
si faccia voce di
ogni uomo e ogni
donna e ripeta con
fiducia e senza
sosta: « Ricordati,
Signore, della tua
misericordia e del
tuo amore, che è da
sempre » (Sal 25,6).
Dato a Roma, presso
San Pietro, l’11
aprile, Vigilia
della II Domenica di
Pasqua o della
Divina Misericordia,
dell’Anno del
Signore 2015, terzo
di pontificato.
[1] Cfr Conc. Ecum.
Vat. II, Cost. dogm.
Dei Verbum, 4.
[2] Discorso di
apertura del Conc.
Ecum. Vat. II,
Gaudet Mater
Ecclesia, 11 ottobre
1962, 2-3.
[3] Allocuzione
nell’ultima sessione
pubblica, 7 dicembre
1965.
[4] Cfr Conc. Ecum.
Vat. II, Cost. dogm.
Lumen gentium, 16;
Cost. past. Gaudium
et spes, 15.
[5] Tommaso
D’aquino, Summa
Theologiae, II-II,
q. 30, a. 4.
[6] XXVI Domenica
del Tempo Ordinario.
Questa colletta
appare già,
nell’VIII secolo,
tra i testi
eucologici del
Sacramentario
Gelasiano (1198).
[7] Cfr Om. 21: CCL
122, 149-151.
[8] Esort. ap.
Evangelii gaudium,
24.
[9] N. 2.
[10] Giovanni Paolo
II, Lett. Enc. Dives
in misericordia,15.
[11] Ibid., 13.
[12] Parole di luce
e di amore, 57.
[13] Enarr. in Ps.
76, 11.
|
L'ANNO SANTO DELLA
MISERICORDIA
Dio manifesta la sua
misericordia nella
creazione. L’uomo
non esisteva. Esiste
per Lui, esiste
perché Lui lo ha
voluto come immagine
viva di sé, fuori di
sé.
L’uomo vive di
misericordia se dona
la vita,
procreandola. La
famiglia ha il posto
di Dio e partecipa
alla misericordia
creatrice del
Signore generando la
vita, concependola,
anche quando costa
sacrificio,
abnegazione,
rinunzia, oblazione
totale di sé.
Far sì che l’altro
possa esprimersi
secondo tutte le
potenzialità
contenute nella sua
natura, anche questa
è misericordia.
L’altro ha bisogno
di noi per vivere,
esprimersi,
realizzare se
stesso. A lui
dobbiamo dare tutto
di noi, anche la
nostra stessa vita.
Dio dona, conserva,
favorisce la vita,
elargendo i suoi
doni di grazia, di
bontà, di
intelligenza, di
sapienza e di ogni
altra virtù. Anche
noi dobbiamo dare
tutto all’uomo
perché possa vivere
su questa terra una
vita dignitosa,
veramente umana.
Dio ridona la vita,
perdonando la colpa.
Per risollevarlo
dalla sua caduta,
per rialzarlo dalla
sua morte sia fisica
che spirituale, ha
dato il suo Figlio
unigenito; ha dato
anche lo Spirito
Santo, lo ha versato
abbondantemente
sull’uomo perché,
avvolto dalla grazia
di Cristo e dalla
sua comunione, inizi
il suo ritorno verso
la casa del Padre.
La misericordia di
Dio non è solo
perdono, è
elevazione alla
dignità di figli
adottivi nel suo
Figlio Cristo Gesù,
è partecipazione
della sua natura
divina, è quella
divinizzazione della
creatura che si
compie in Cristo
Gesù, nel suo corpo,
per mezzo dello
Spirito Santo.
Quella che il
Signore gli ha dato
è una vita
infinitamente
superiore a quella
che aveva ricevuto
nel giardino
dell’Eden. Tutto il
cielo è messo a
disposizione perché
l’uomo possa vivere
in abbondanza la
nuova vita che ha
versato nel suo seno
attraverso il dono
dello Spirito Santo.
Siamo chiamati ad
essere collaboratori
di vita per i propri
fratelli; in Cristo
Gesù siamo
costituiti servi
della misericordia
del Padre. Dobbiamo
donare tutti i doni
spirituali che il
Signore ha messo
nelle nostre mani.
Non si può
esercitare la virtù
della misericordia,
se un solo dono di
Dio non viene dato
al mondo intero. Non
si ha misericordia
per l’uomo, se i
doni divini e
celesti non solo non
vengono dati, ma
anche se vengono
dati in una maniera
blanda, inefficace,
saltuariamente,
occasionalmente.
La misericordia,
però, non è
solamente dare il
dono di Dio; è dare
se stessi,
consumandosi per
amore, nella grazia
e secondo verità. La
vita dell’uomo sulla
terra è spirito, è
anima, è corpo e la
misericordia deve
essere indirizzata
contemporaneamente
all’anima, allo
spirito, al corpo.
L’anima si alimenta
di grazia. Solo la
Chiesa, solo i
ministri ordinati
possono conferire la
grazia che
scaturisce dai
sacramenti della
Nuova Alleanza. Se
quanti sono stati
investiti di questa
autorità e potenza
non la donano,
costoro non vivono
la misericordia del
Padre. Possono anche
nutrire il corpo
dell’uomo, ma loro
non sono stati
incaricati di
nutrire il corpo,
bensì l’anima. È
l’anima che essi
devono ricolmare di
vita eterna.
Lo spirito bisogna
nutrirlo di
sapienza, di verità.
Anche qui ci sono i
ministri ordinati
che sono preposti a
questo incarico e
devono dare il
Vangelo nella sua
interezza di verità.
Se questo essi non
lo fanno, la loro
misericordia è
vuota, inutile,
vana, senza
significato di
salvezza. Nessuno
può sottrarre il
nutrimento allo
spirito, nessuno può
privare lo spirito
dell’alimento della
sua vita che è la
sapienza di Cristo
Gesù, il suo
Vangelo. Chi dovesse
privare lo spirito
della sapienza che
scaturisce dal
Vangelo, costui non
è uomo di carità,
non ama, non è
misericordioso. Ha
abbandonato il
fratello
nell’ignoranza della
verità, non gli ha
consentito di aprire
le porte della vita,
gli ha impedito di
entrare nella
pienezza del mistero
di Cristo Gesù, di
Dio Padre e dello
Spirito Santo.
Al corpo dobbiamo
dare tutto ciò che
serve per vivere:
pane, acqua,
vestito, un rifugio
o tetto, un lavoro,
un’ospitalità, un
conforto nella
malattia e nella
sofferenza. Per fare
questo è necessario
che l’uomo vi metta
tutto il suo cuore,
la sua anima, la sua
intelligenza, la sua
volontà, la sua
fortezza, la sua
determinazione.
Bisogna vedere ogni
attività della mente
e del corpo come una
preparazione, come
un esercizio della
misericordia. Lo
studio, il possesso
della scienza,
l’apprendistato, il
continuo
aggiornamento, tutto
è esercizio della
misericordia. Se la
natura di Dio è
misericordia, se
l’uomo è stato
creato ad immagine
della misericordia
di Dio, tutto deve
essere vissuto,
visto, preparato,
perseguito come via
per poter vivere al
meglio la
misericordia di Dio
in questo mondo a
favore dei fratelli.
Vergine Maria, tu
che hai cantato la
misericordia del
Padre, mentre vivevi
il tuo grande amore
in favore della tua
cugina Elisabetta,
insegnaci il timore
del Signore perché
vogliamo che la
misericordia di Dio
si riversi su di noi
e ci accompagni per
tutta la vita. Tu ci
aiuterai dal cielo e
noi inizieremo a
trasformare la
nostra vita in un
atto di bontà. Il
Signore ci chiede di
imitarlo nel dono
supremo della nostra
vita per la gloria
di Dio e per
manifestare la sua
benevolenza in mezzo
agli uomini, perché
Lui vuole
misericordia e non
sacrificio, vuole il
dono di noi stessi
per la vita del
mondo.
di Don Francesco
Cristofaro
|
Nel
giorno dopo il
sabato, Maria di
Màgdala si recò al
sepolcro di buon
mattino, quand'era
ancora buio, e vide
che la pietra era
stata ribaltata dal
sepolcro. Corse
allora e andò da
Simon Pietro e
dall'altro
discepolo, quello
che Gesù amava, e
disse loro: «Hanno
portato via il
Signore dal sepolcro
e non sappiamo dove
l'hanno posto!».
Uscì allora Simon
Pietro insieme
all'altro discepolo,
e si recarono al
sepolcro. Correvano
insieme tutti e due,
ma l'altro discepolo
corse più veloce di
Pietro e giunse per
primo al sepolcro.
Chinatosi, vide le
bende per terra, ma
non entrò. Giunse
intanto anche Simon
Pietro che lo
seguiva ed entrò nel
sepolcro e vide le
bende per terra, e
il sudario, che gli
era stato posto sul
capo, non per terra
con le bende, ma
piegato in un luogo
a parte. Allora
entrò anche l'altro
discepolo, che era
giunto per primo al
sepolcro, e vide e
credette. Non
avevano infatti
ancora compreso la
Scrittura, che egli
cioè doveva
risuscitare dai
morti.
I discepoli intanto
se ne tornarono di
nuovo a casa. Maria
invece stava
all'esterno vicino
al sepolcro e
piangeva. Mentre
piangeva, si chinò
verso il sepolcro e
vide due angeli in
bianche vesti,
seduti l'uno dalla
parte del capo e
l'altro dei piedi,
dove era stato posto
il corpo di Gesù. Ed
essi le dissero:
«Donna, perché
piangi?». Rispose
loro: «Hanno portato
via il mio Signore e
non so dove lo hanno
posto».
Detto
questo, si voltò
indietro e vide Gesù
che stava lì in
piedi; ma non sapeva
che era Gesù. Le
disse Gesù:
«Donna, perché
piangi? Chi cerchi?».
Essa, pensando che
fosse il custode del
giardino, gli disse:
«Signore, se
l'hai portato via
tu, dimmi dove lo
hai posto e io andrò
a prenderlo».
Gesù le disse:
«Maria!». Essa
allora, voltatasi
verso di lui, gli
disse in ebraico:
«Rabbunì!»,
che significa:
Maestro!
Gesù le disse: «Non
mi trattenere,
perché non sono
ancora salito al
Padre; ma và dai
miei fratelli e dì
loro: Io salgo al
Padre mio e Padre
vostro, Dio mio e
Dio vostro». Maria
di Màgdala andò
subito ad annunziare
ai discepoli: «Ho
visto il Signore» e
anche ciò che le
aveva detto.
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Le
principali
documentazioni
storiche che
comprovano
la
“veridicità
storica” di
“almeno”
cinque
“traslazioni
miracolose”
della Santa
Casa di
Nazareth,
avvenute tra
il 1291 e il
1296: a
Tersatto
(nell’ex-Jugoslavia,
dal 9-10
maggio 1291
al 9-10
dicembre
1294), ad
Ancona
(località
Posatora,
nel 1295,
per nove
mesi), nella
selva della
signora
Loreta
nella
pianura
sottostante
l’attuale
cittadina di
“Loreto”, il
cui nome
deriva
proprio da
quella
signora di
nome
“Loreta”
(dal
dicembre
1295
all'agosto
1296, per
otto mesi);
poi
sul campo di
due fratelli
sul
colle
lauretano o
Monte Prodo
(dall'agosto
al dicembre
1296, per
quattro
mesi) e
infine
sulla
pubblica
strada,
ove ancor
oggi si
trova, sotto
la cupola
dell’attuale
Basilica
(dicembre
1296).
Affinché per
l'incuria
degli
uomini,
che di
solito
offusca
anche le
cose più
insigni,
non sia
cancellato
il ricordo
di un fatto
così
meraviglioso"
(Beato
Giovanni
Battista
Spagnoli,
detto "il
Mantovano")
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Ancona è
ricca
di testimonianze
religiose
davvero
rare, al
punto da
essere
definita
"Città della
Fede", per
il motivo di
essere stata
tra le
primissime
città al
mondo a
ricevere, ad
abbracciare
ed a
diffondere
la Fede
Cristiana,
circa
nell'anno
35, proprio
immediatamente
dopo la
Morte e la
Risurrezione
di Gesù
Cristo. Le
storie di
molte
reliquie e
di
molti Santi
legati alla
città sono
state
raccolte - e
indicate con
il
collegamento
in Internet
- nel
Calendario
2015 di Tele
Maria -
Scarica e
diffondi
liberamente
in Internet
(Siti,
Facebook,
Twitter,
Linkedin,
ecc,) il
Calendario
2015 di Tele
Maria
dall'indirizzo:
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La vita
umana deve
essere
rispettata e
protetta in
modo
assoluto fin
dal momento
del
concepimento.
Dal primo
istante
della sua
esistenza
l'essere
umano deve
vedersi
riconosciuti
i diritti
della
persona, tra
i quali il
diritto
inviolabile
di ogni
essere
innocente
alla vita"
(Catechismo
Chiesa
Cattolica,
n°2270)
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La Risurrezione di
Gesù doni la VITA
a tante creature che
trovano la tomba nel
grembo delle loro
madri!
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UNA
BELLA
PREGHIERA
CHE RICORDA
COME ANCHE
GESU'
CRISTO, IL
FIGLIO DI
DIO,
NELL'INCARNAZIONE
NEL GREMBO
DI MARIA
VERGINE,
INIZIO' LA
SUA
ESISTENZA
UMANA
DIVENENDO
UNA CELLULA.
Sia lodata e
benedetta
l'ora nella
quale il
Verbo di Dio
venne al
mondo sotto
forma di una
cellula e
pose la sua
dimora nel
seno
purissimo
della
Vergine
Maria. O
Cellula
Divina di
quella ora,
ascolta le
nostre
preghiere.
Nella tua
tenerezza dà
il benvenuto
a tutti quei
bambini che
furono
respinti
dalle loro
madri, e
guarda con
compassione
a quelle
che, spinte
dalle loro
sofferenze e
illusioni,
attentano
contro la
vita dei
loro figli
prima della
loro
nascita.
Abbi pietà
di coloro
che si
servono
delle loro
abilità
nella
scienza
medica per
sopprimere
la vita.
Ispira tutti
i cristiani
del mondo,
perché
cerchino e
applichino
soluzioni
cristiane ai
problemi
sociali.
Benedici i
nostri
sforzi per
educare e
servire.
Aiutaci a
portarli a
termine per
guadagnare
menti e
cuori alla
verità, per
servire
coloro che
sono nella
necessità,
perché non
ricorrano
mai alla
violenza.
S.O.S. VITA
- Per
aiuto chiama
il NUMERO
VERDE
800.813000
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SI AUTORIZZA E SI
RACCOMANDA LA
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TESTI
AD ALTRI INDIRIZZI
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E L'INSERIMENTO IN
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Diffondete la buona
stampa tra le
persone vostre
amiche e conoscenti.
La buona stampa
entra anche nelle
case dove non può
entrare il
sacerdote, è
tollerata persino
dai cattivi.
Presentandosi non
arrossisce,
trascurata non si
inquieta, letta,
insegna la verità
con calma,
disprezzata, non si
lamenta
(San
Giovanni Bosco)
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